Pena ridotta da 20 a 14 anni di reclusione. E’ quanto stabilito dai giudici dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari che hanno condannato Riccardo Bramante, l’uomo che il 17 ottobre del 2014 uccise con una fucilata in pieno petto il cognato, Antonio Di Mauro, 39 anni, e poi si liberò del cadavere gettandolo in mare. La sentenza è stata pronuncia oggi a Bari.
Antonio Di Mauro, come si ricorderà, fu ucciso con un colpo di fucile esploso in mare aperto, dritto al petto. Una fucilata esplosa per vecchie ruggini di natura familiare e – pare – anche economiche. Questa, infatti, la tesi alla quale arrivarono i carabinieri di Vieste e Vico del Gargano nella ricostruzione di dinamica e movente dell’omicidio del pescatore viestano di 39 anni, assassinato la mattina del 17 ottobre 2014 a largo di Vieste, a circa 2 km dalla costa, in località Isola della Chianca.
Per il fatto, i militari arrestarono il cognato della vittima, Riccardo Bramante, 37 anni, pescatore anche lui, accusato di aver ucciso Di Mauro e di averne occultato il cadavere, gettandolo in mare aperto. In cadavere fu rinvenuto il giorno dopo parecchio distante dal luogo dell’omicidio, precisamente in località Vignanotica, tra Vieste e Mattinata. Ad assistere all’omicidio un giovane che si trovava in compagnia di Di Mauro. Quel giorno era uscito in mare con la vittima, ed è stato lui che – riavutosi dallo choc iniziale – denunciò tutto ai carabinieri, facendo partire le indagini. Lo stesso giovane riferì che mentre erano impegnati in una battuta di pesca l’imbarcazione di Bramante affiancò la loro e l’assassino chiese al cognato alcune informazioni sulle reti. Tra i due nacque una discussione piuttosto accesa, poi l’uomo si allontanò per fare successivamente ritorno dopo circa 30 minuti.
A quel punto, però, Bramante – sempre secondo il racconto del giovane pescatore – avrebbe imbracciato un fucile da caccia calibro 12 nascosto in barca ed esplose un colpo al petto del cognato. Dopodiché avrebbe intimato al testimone di gettare il corpo in mare e, al suo netto rifiuto, avrebbe provveduto a sbarazzarsi del cadavere da solo.
Bramante si sarebbe poi trattenuto in mare ancora per mezz’ora. Il tempo di ritirare le sue reti in barca e di assicurarsi che il corpo del 39enne fosse trascinato dalle acque. Sulla scorta di questa denuncia, partirono le indagini dei carabinieri che poi bloccarono Bramante, allora 37enne, in un bar del centro cittadino.
I militari, poi, perquisirono la sua imbarcazione, dove trovarono un fucile da caccia e alcune macchie di sangue di Antonio Di Mauro. Quindi l’arresto. Oggi la sentenza di secondo grado.