Colpo di scena nel processo d’appello a Amin Er Raouy, 23 anni, viestano di origini marocchine, condannato in primo grado a 24 anni per concorso in rapina e nell’omicidio di Mario Nardella, quarantenne di Vieste ucciso 1’11 novembre 2014. Quella sera un rapinatore a volto coperto e armato di coltello fece irruzione nella rivendita di bibite di via Rossini della vittima per rapinare l’incasso: Nardella reagì, fu accoltellato al petto e morì poco dopo. Autore materiale dell’ omicidio sarebbe Silvio Stramacchia 28 anni, del posto, che fu arrestato nell’immediatezza del fatto dalla Polizia e che è stato condannato a 16 anni in appello, a fronte dei 30 anni di primo grado.
Er Raouy avrebbe partecipato all’omicidio – dice l’accusa – facendo da «palo» all’esterno de negozio e fornendo al coimputato il coltello usato per l’omicidio. Er Raouy, in cella dal 15 marzo 2016 quando fu arrestato in Veneto su ordinanza del gip di Foggia, si dice innocente: in primo grado, sentenza della corte d’assise di Foggia del 19 aprile 2016, è stato condannato a 24 anni. il processo a Stramacchia e Er Raouy si era separato durante l’udienza preliminare davanti al gup: il primo optò per il giudizio abbreviato, il secondo per il dibattimento in corte d’assise.
Lo scorso 27 gennaio il pg generale e gli avvocati di parte civile Diego Petroni e Cristian Caruso, legali dei familiari di Nardella, avevano chiesto alla corte d’assise d’appello di Bari di confermare la condanna di Er Raouy a 24 anni; gli avvocati difensori Salvatore Vescera e Marco Guidotti sollecitavano l’assoluzione. Nei giorni scorsi i giudici sono usciti dalla camera di consiglio non con il verdetto, ma con un’ordinanza: vogliono sentire, e lo faranno ai primi di marzo, uno dei testimoni chiave. Contro Er Raouy ci sono due elementi: un’intercettazione ambientale nei confronti di Stramacchia che parlando con un parente avrebbe fatto riferimento alla presenza del coimputato nei pressi della rivendita di bibite; le dichiarazioni di un viestano rese durante le indagini quando riferì che poco dopo l’omicidio Er Raouy parlando dell’omicidio compiuto da Stramacchia, gli avrebbe confidato di aver dato lui il coltello al complice. Er Raouy nega: l’omicidio avvenne alle 18.40, lui rimase con Stramacchia fino alle 17.30, poi se ne andò a casa e i familiari hanno confermato; incontrò il testimone ma non gli riferì certo di aver ceduto l’arma a Stramacchia. il teste non fu ascoltato in corte d’assise a Foggia in quanto non fu rintracciato, ragion per cui la difesa di Er Raouy chiedeva ai giudici d’appello di non valutare le sue dichiarazioni perché i legali dell’imputato non hanno mai potuto interrogarlo: peraltro gli avv, Vescera e Guidotti rimarcano che Stramacchia prima di fare irruzione nella rivendita di via Rossini e uccidere Nardella, aveva già tentato una rapina analoga, fallita, in un altro negozio e già impugnava il coltello. Il testimone nel frattempo è stato rintracciato in quanto si è scoperto che è detenuto: da qui la decisione della corte d’assise d’appello di riaprire l’istruttoria dibattimentale, per interrogarlo prima di emettere la sentenza .