Sarà mons. Felice Di Molfetta, vescovo emerito della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano a sostituire mons. Michele Castoro, nelle celebrazioni solenni in occasione della festa patronale di Santa Maria di Merino.
Lo ha annunciato don Gioacchino Strizzi, vicario episcopale per la vicaria di Vieste, evidenziando che <è stato espressamente mons. Castoro ad invitare mons. Di Molfetta a presenziare le celebrazioni previste per la ricorrenza patronale di Vieste>.
Mons. Di Molfetta, quindi, presiederà la messa pontificale della sera dell’8 maggio e la processione del mattino del 9 maggio, ma non quella della sera.
<Ringraziamo mons. Castoro – ha detto don Gioacchino Strizzi – per l’amore che nutre verso la Madonna di Merino e la città di Vieste. Nonostante la grave malattia contro cui sta combattendo – ha aggiunto don Strizzi – il nostro arcivescovo si è preoccupato da non far mancare per la festa di Santa Maria di Merino la presenza preziosa dell’arcivescovo, guida e pastore del popolo festante>.
La biografia di mons. Felice Di Molfetta
Nato a Terlizzi il 7 aprile 1940, dal 1º ottobre 2015 è vescovo emerito di Cerignola-Ascoli Satriano.
Il 29 giugno 1966 è ordinato sacerdote per la diocesi di Terlizzi. Consegue la laurea in teologia alla Pontificia Università Lateranense e la licenza in teologia liturgica presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo. Nel 1966 è nominato vice-rettore del seminario diocesano, per diventarne rettore nel 1976 e fino al 1986.
Il 29 aprile 2000 è nominato vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano; riceve la consacrazione episcopale il 1º luglio dello stesso anno. Sempre nel 2000 diventa segretario della Commissione Episcopale per la Liturgia della Conferenza episcopale italiana. Al termine del suo mandato quinquennale, nel 2005 diventa presidente della stessa commissione.
Nel 2005, conclusa la visita pastorale alla diocesi, dà il via ai lavori di restauro della chiesa madre di Cerignola e all’istituzione di un museo diocesano ad Ascoli Satriano.
La sua posizione in materia liturgica è di piena condivisione della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, con un’esplicita preclusione nei confronti della forma extraordinaria del rito romano.[1] Tuttavia, ammette con decisione che dalla presentazione dell’eucaristia in dimensione conviviale a danno della dimensione sacrificale derivano gli abusi liturgici delle celebrazioni e ritiene che la dimensione conviviale sia secondaria rispetto a quella sacrificale.[2]
Il 23 luglio 2009, a conclusione del processo diocesano, invia alla Congregazione per le Cause dei Santi la positio del servo di Dio don Antonio Palladino, che ha spesso indicato ai suoi sacerdoti come modello da imitare.[3]
Il 1º ottobre 2015 papa Francesco accoglie la sua rinuncia al governo pastorale della diocesi per raggiunti limiti di età.
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