Si conclude la lunga odissea della famiglia del caporale maggiore dell’Esercito Corrado Di Giacobbe, morto a 25 anni, nel 2001 per contaminazione da uranio impoverito. Sarà risarcita con 640.000 euro dallo Stato italiano, per danno morale patito dai famigliari. Lo ha deciso la seconda sezione civile del Tribunale Ordinario di Roma, che ha riconosciuto la responsabilità del Ministero della Difesa. Il collegio giudicante ha scritto:” Nel merito deve osservarsi che dall’articolata istruttoria documentale d’ufficio emerge un quadro sufficientemente chiaro delle responsabilità del Ministero delle Difesa convenuto in ordine al decesso del caporal maggiore Di Giacobbe. I militari italiani furono inviati nelle zone dei Balcani con materiale in dotazione del tutto inidoneo a prevenire il contagio con le microparticelle di uranio impoverito disperse nell’aria e nelle acque dei luoghi interessati dalle missioni di peace keeping. Come chiarito, invero, da entrambi i testimoni escussi, i militari italiani (e, dunque, anche il Di Giacobbe) avevano in dotazione esclusivamente una maschera NBC e un telo protettivo (denominato poncho) insufficienti ad evitare il contatto tra il militare e le microparticelle. Si aggiunga, inoltre, che per le mansioni di cuciniere e vettovagliamento svolte dal Di Giacobbe, questi utilizzava l’acqua del posto, assai probabilmente contaminata, come del pari riferito dai testimoni, senza alcuna specifica precauzione. E l’omissione, da parte dell’amministrazione responsabile della salute e della sicurezza del proprio dipendente, delle idonee cautele a prevenire il contatto con le microparticelle di uranio impoverito ha contribuito a cagionare la patologia denominata linfoma di Hodgkin. Il “nesso di causalita'” tra esposizione alle microparticelle e la patologia letale e’ sostenuta anche dalla consulenza tecnica, che fa menzione pure “dell’incremento statistico della contrazione del linfoma tra le coorti di veterani dei Balcani, incremento suffragato nel caso concreto dalla presenza di microparticelle di materiale inorganico sul corpo del caporalmaggiore”.
La vicenda, dolorosa, della famiglia Di Giacobbe inizia al rientro di Corrado da una delle missioni nei territori di Sarajevo, Bosnia Erzegovina, al seguito del contingente militare “ Costant Guard e SFOR “ sistemato nella caserma Tito Barrack. Corrado avverte i primi sintomi di quella che poi si presenterà come linfoma di Hodgkin. Fra lo strazio della mamma Filomena, del Papà Giudo, del fratello Michele, sottufficiale dell’Aeronautica Militare, della fidanzata, la vicinanza di tanti amici e colleghi, inizia un lungo calvario di ricoveri, visite, controlli, pareri, carte bollate. Di fronte al muro di gomma delle Istituzioni della Difesa, la famiglia Di Giacobbe si affida all’avvocato Angelo Fiore Tartaglia dell’Osservatorio Militare che segue altri casi simili. La perdita del giovane Corrado colpisce inesorabilmente prima la mamma, ricoverata in ospedale dove si consuma fino alla morte, quasi contemporanea alla morte del papà Guido. La battaglia legale passa nelle mani del fratello Michele che segue tutta la vicenda giudiziaria al fianco di Domenico Leggiero, fondatore e responsabile dell’Osservatorio Permanente e Centro Studi per il Personale delle Forze Armate, Forze di Polizia e Società Civile:” Ringrazio di cuore il presidente Leggiero e l’avv. Tartaglia per questa battaglia di giustizia. Il risarcimento non lenisce il dramma consumatosi intorno e dentro la famiglia. Resta l’amarezza di aver dovuto combattere una lunga e tormentata battaglia giudiziaria nei confronti di uno Stato dove il Diritto emerge solo nelle aule dei Tribunali. Nessuno potrà restituirmi la mia famiglia.”
Michele Angelicchio
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