La sentenza, la n. 22523 dell’11 luglio scorso e pubblicata il 27 settembre (presidente, Domenico Chindemi, relatore, Oronzo De Masi), riguarda proprio il caso di Vieste e di una struttura ricettiva della zona che aveva proposto ricorso chiedendo che la tariffa Tarsu da pagare fosse equiparata a quella delle civili abitazioni e non, come accadeva, con importi superiori e come il Comune aveva regolamentato, trattandosi di struttura alberghiera e quindi con maggiore produzione di rifiuti rispetto alle abitazioni. Con la sentenza dell’altro giorno, la Cassazione ha dato ragione al Comune di Vieste, che aveva ricorso, appunto, alla Suprema Corte. La aveva potuto fare perché il ricorso presentato dai titolari della struttura ricettiva, pur esaminato favorevolmente dalla Commissione tributaria regionale (come tutti gli altri venti, di cui alla “famosa” vicenda al vaglio anche della magistratura) non era ancora passata in giudicato. Nella stessa situazione si troverebbe un altro ricorso.
Il Comune di Vieste, quindi, in forza della sentenza appena resa nota non dovrà procedere ad alcun rimborso. Anzi, ora potrà rivedere le tariffe Tarsu riferite alle strutture turistico-ricettive, recentemente modificate ed equiparate quasi a quelle delle utenze domestiche.
Nelle motivazioni inserite nella sentenza (con la quale la parte ricorrente è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali), tra l’altro si legge: “La decisione della Commissione Tributaria Regionale non è in linea con l’orientamento di questa Corte secondo cui in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime; la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell‘attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d‘imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore”.
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