È quanto emerge dall’atto sottoscritto dal dirigente del settore tecnico del Comune di Gallipoli, l’ ingegnere Giuseppe Cataldi, a conclusione di un procedimento amministrativo iniziato lo scorso 9 luglio. In piena estate, i militari della guardia costiera della locale capitaneria di porto hanno contestato alla concessionaria, la società Sabbia d’oro, un uso difforme del suolo demaniale marittimo. Le conclusioni degli accertamenti sono riportate nel provvedimento del dirigente: «La concessione demaniale marittima adibita a posa di ombrelloni e sdraio in realtà era utilizzata quale area ad uso discoteca come da rilievi fotografici effettuati all’atto dell’accertamento con la presenza di numerose persone intente a ballare».
In quell’occasione alla società Sabbia d’oro è stata irrogata una sanzione amministrativa di mille euro. Il verbale, poi, è stato trasmesso agli uffici comunali. E l’iter si è concluso ieri con un clamoroso colpo di scena.
C’è da dire che la società ha esposto le proprie ragioni. Ma sul punto la Capitaneria è stata irremovibile: essendo state disattese le prescrizioni dell’ordinanza balneare regionale, a norma del codice della navigazione, il Comune doveva valutare l’avvio del procedimento di decadenza.
La società ha dimostrato la presenza in spiaggia delle attrezzature balneari nelle fasce orarie d’intrattenimento. E tanto al fine di testimoniare la continuità della funzione balneare, la disponibilità delle dotazioni di sicurezza, il possesso delle autorizzazioni all’intrattenimento, il rispetto dei limiti delle emissioni sonore ed altro.
Le controdeduzioni della società concessionaria non sono state ritenute rispetto alle contestazioni formulate e alle tassative prescrizioni regionali sull’uso del demanio marittimo.
Secondo gli accertamenti svolti dalla Capitaneria di porto, dunque, la concessione sarebbe stata mutata sostanzialmente rispetto allo scopo per la quale era stata rilasciata. Una circostanza che ha trascinato il procedimento in una strada a senso unico per il Comune. Ne è pertanto scaturita la clamorosa decisione: decadenza e sessanta giorni di tempo per sgomberare l’area e ripristinare lo stato dei luoghi. Il Samsara deve chiudere. Salvo ricorso.
La Gazzetta del Mezzogiorno
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