Relatore della conferenza-dibattito sarà padre Renzo Prencipe, scalabriniano, che svolge il suo ministero a Parigi. I sacerdoti di Vieste invitano i cittadini a partecipare numeri all’incontro, stante il tema di strettissima attualità. Le migrazioni sono percepite dai più come “minaccia”, ma papa Francesco invita a considerarle “opportunità”. Invito tutt’altro che retorico, ma basato su una comprensione davvero globale di dove stia andando il mondo, di quali fenomeni possiamo gestire e di quali vicoli ciechi rischiamo di imboccare. Certo, per fare questo è necessario convertire lo sguardo, assumere quella visione contemplativa che non si stacca dalla dura realtà quotidiana ma la abbraccia con gli occhi stessi del Creatore, che ha voluto la vita in abbondanza per tutti gli esseri umani da lui creati a propria immagine e somiglianza. A prima vista infatti i migranti – e in particolare i profughi e i rifugiati – paiono connessi con la pace solo a motivo della guerra che li obbliga a fuggire dalla loro terra e dalle loro case.
Ma “pace” non è solo assenza di armi che uccidono: è dignità di vita, speranza in un futuro migliore, cieli aperti all’orizzonte dell’esistenza di una persona e dei suoi cari, in particolare dei più piccoli e indifesi tra loro. Solo uno “sguardo contemplativo”, cioè penetrante al cuore dell’umano soffrire può condurre all’azione decisa e sapiente, responsabile e intelligente. Solo non guardando alle apparenze è possibile per tutti e per ciascuno – a partire da chi ha responsabilità nella polis, nazionale e mondiale – agire secondo le “quattro pietre miliari” indicate dal Pontefice: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Altri verbi potrebbero affacciarsi al nostro pensiero, ma questi quattro hanno come destinatari i “migranti”, quegli esseri umani in carne e ossa, ricchi di sofferenze e di dignità che anelano a essere riconosciuti come tali e come tali ricevere accoglienza, protezione, promozione, integrazione. Solo in quest’ottica è possibile far cadere la fallace e autogiustificatoria divisione tra quanti fuggono la guerra e quanto fuggono la fame o i disastri ambientali. Del resto è la macrothymia, il “pensare in grande”, la “lungimiranza”, l’abbracciare la complessità della vita che consente di intuire e perseguire piste di soluzione non scontate.
Da questo sguardo appassionato e compassionevole – proprio cioè di chi com-patisce assieme a chi soffre – nasce l’audace proposta di papa Francesco per “due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati”, da stipularsi sotto l’egida delle Nazioni Unite: migrazioni sicure quindi e non mortifere, ordinate e non caotiche, regolari e non gestite da mercanti di esseri umani.
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