Cronaca

La Corte d’Appello di Bari riconosce il metodo mafioso per i clan del Gargano

Una sentenza storica: con il riconoscimento del metodo mafioso ai clan del Gargano, la Corte d’Appello di Bari aggrava le pene ai boss operanti a Vieste e San Nicandro andando dunque a riformulare la sentenza pronunciata dal Tribunale di Foggia nel marzo del 2015. La magistratura ha condannato per reati legati ad attività estorsive gli imputati Luigi Notarangelo a 7 anni di reclusione e 2.600 euro di multa, Giuseppe Notarangelo a 6 anni e 8 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa, e Girolamo Perna a 3 anni e 4 mesi e 1.000 euro di multa previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante. I tre erano stati arrestati, unitamente a Angelo Notarangelo, detto Cintaridd, già capo dell’omonimo clan e morto ammazzato nel gennaio 2015, la notte del 19 luglio del 2012 nell’ambito dell’indagine Tre Moschettieri. È solo la seconda volta che la magistratura riconosce la presenza del metodo mafioso nel mondo della malavita viestana.
Le continue estorsioni perpetrate dal clan Notarangelo ai danni di alcuni imprenditori di strutture turistiche e ristorative del territorio di Vieste risalgono addirittura al 2008 fino al 2011. Sono state proprio le vittime a porre fine a tale situazione insostenibile che stava devastando le loro attività denunciando gli estorsori grazie all’aiuto dell’Associazione Antiracket presente sul territorio.
E’ di pochi giorni fa, inoltre, un’altra importante decisione, la sentenza emessa dal Tribunale di Foggia, nell’ambito del processo Remake, a carico di Gennaro Giovanditto e Michele Scanzano, condannati rispettivamente alla pena di 8 anni e 6 mesi di reclusione e alla multa di 8.500 euro e alla pena di 8 anni e una multa di 8mila euro per il secondo imputato.
I due sono stati riconosciuti colpevoli dei reati di tentata estorsione per aver costretto mediante minaccia un’impresa che aveva stipulato un contratto quinquennale con il Comune di San Nicandro Garganico per la gestione dei rifiuti solidi urbani, a consegnare in loro favore una somma di denaro a titolo di tangente, senza riuscire nell’intento per il fermo rifiuti opposto dalla vittima, nonché di avere indebitamente utilizzato carte di credito falsificate per effettuare presso numerosi esercizi commerciali una serie di acquisti di beni e servizi di rilevante importo economico. Inoltre gli stessi, sono ritenuti colpevoli del reato di estorsione per aver costretto, sotto minaccia, un imprenditore a consegnare la somma di 6mila euro, attraverso quattro versamenti rateali di 1500 euro. Anche in questo caso – fanno sapere dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia – per entrambi i reati estorsivi, è stata riconosciuta dai giudici di primo grado l’aggravante di aver adoperato metodi mafiosi, contestata dalla DDA di Bari con riferimento ai tempi, alle modalità e al contesto nel quale si realizzava la condotta illecita oltre che in considerazione delle qualità personali di Gennaro Giovanditto, già condannato con sentenza definitiva alla pena dell’ergastolo per mafia, omicidio e altro, in qualità di appartenete al clan Li Bergolis.

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