Attualità

FESTA DELLA REPUBBLICA – A Pinella Patrone, a ricordo del sacrificio del padre, S.M. Gaetano, medaglia al valor militare

In occasione della Festa della Repubblica, solenne cerimonia svoltasi anche a Foggia. Per l’occasione, il prefetto, Raffaele Grassi, ed il sindaco di Vieste, Giuseppe Nobiletti, hanno conferito alla signora, Maria Giuseppa Patyrone (insegnante in pensione, meglio conosciuta con nomignolo di “Pinella”), la medaglia d’onore della Repubblica Italiana alla memoria del Sergente Maggiore  Gaetano Patrone dell’Esercito Italiano, nostro concittadino,  deceduto nel naufragio del piroscafo “Oria” con altri 4200 militari italiani, presso l’isola di Patroklos, in Attica (Grecia). Il sergente maggiore, Gaetano Patrone, padre della signora Pinella, fu fatto prigioniero dei tedeschi per aver rifiutato di combattere per i nazifascisti. I nostri militari, col sacrificio delle loro vite, non combattendo a fianco dei tedeschi, avendo giurato fedeltà all’Italia, contribuirono alla nascita della democrazia in Italia.

La cerimonia a Foggia si è svolta nel piazzale Italia, ove sorge il monumento ai Caduti e dove sono state poste corone di fiori, alle presenza delle massime autorità civili e militari di Capitanata.

La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo circa 4.200 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese. L’indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos. I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina. L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich. Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria

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