Le proposte della Regione per regolamentare la prossima stagione estiva in Puglia
Tamponi agli ingressi dei villaggi turistici, ombrelloni più distanti, incentivi per promuovere voli charter, Iva giù al 10 per cento per equiparare tour operator e alberghi, allungamento delle concessioni degli stabilimenti balneari fino al 2033.
Oltre naturalmente a distanziamento interpersonale e mascherine all’ingresso degli stabilimenti e in luoghi di aggregazione, come chioschi e bar. Sono soltanto alcune delle proposte che potrebbero regolamentare la prossima stagione estiva in Puglia, in particolare sui 900 chilometri di costa della regione. L’obiettivo è provare a riaprire gli stabilimenti balneari entro metà giugno, sempre che la diffusione del contagio e le relative restrizioni del governo entro quel periodo si saranno allentate.
La Regione ha affidato a Pier Luigi Lopalco (capo del coordinamento emergenze epidemiologiche) il compito di preparare un piano per garantire la stagione estiva in sicurezza. L’epidemiologo ha costituito un gruppo di lavoro formato da docenti di tutte le università pugliesi.
Saranno loro a stilare le regole di ingaggio che serviranno sostanzialmente per andare in alberghi, masserie e soprattutto andare al mare in lidi privati e spiagge pubbliche. Il primo confronto fra la squadra di docenti (rappresentata da due professori del Politecnico di Bari: Leonardo Damiani e Angela Barbanente, assessora regionale all’Urbanistica con Nichi Vendola) e le associazioni dei balneari è servito a mettere giù i primi punti fermi. I rappresentanti delle associazioni balneari (Federazione italiana balneari, Federbalneari e Società italiana di salvamento, assenti invece Cna e Sib) hanno formulato alcune priorità: per quanto riguarda i lidi privati, allungamento della distanza fra ombrelloni dagli attuali 2,5 metri a almeno 3,5 metri (che di fatto ridurrà del 50 per cento in gran parte degli stabilimenti privati il numero di ombrelloni), obbligatorietà della mascherina all’ingresso e al bar e distanziamento fisico di almeno un metro.
Resta però il nodo spiagge libere. I gestori dei lidi privati si rifiutano di prendersi in carico la gestione della sicurezza anche nei pezzi di costa pubblici e chiedono che siano i Comuni a gestirli ingaggiando bagnini e polizia municipale.