Dopo due anni di silenzio, gli alunni e le alunne hanno riempito l’auditorium di colori, riappropriandosi di uno spazio che è il cuore pulsante dell’Istituto.
Un percorso pluridisciplinare che li ha impegnati molto, non senza difficoltà e sempre osservando le norme anticovid, lavorando con passione e tenacia, imparando gli uni dagli altri, ascoltandosi sempre.
Gli alunni delle classi prime hanno allestito una mostra che ripercorre la storia delle donne dalla Preistoria ai giorni nostri, raffigurando l’arte rupestre che risale agli albori della storia dell’umanità grazie alla quale le donne riuscirono ad esprimere con le immagini il loro mondo interno.
A seguire i quadri raffigurante Frida Kalo, magnificamente riprodotta dai nostri alunni, ci immergono in un mare di colori che esprimono forza e crudeltà, come crudele è stata la vita per questa straordinaria antesignana dei diritti delle donne . La sua arte è testimonianza di un successo raggiunto che la salva dall’essere considerata sia una “vittima” che un’“icona con disabilità”, a dispetto di una cultura patriarcale, di un marito infedele e di un incidente che avrebbero potuto alimentarne il mito di “eroina tragica”.
Il dolore rappresentato nelle sue tele non è mai tragico, caso mai sfrontato e vivido: Frida disegna l’intensità e la debolezza del genere umano.
Al termine gli alunni delle classi terze hanno omaggiato le donne di Kabul con la riproduzione dei quadri di Shamsia Hassani, street artist afghana, che fa dell’arte un forte strumento di denuncia.
Le sue donne, prive di bocca, urlano al mondo libertà, diritti, dignità. Attraverso le sue opere, Shamsia ritrae le donne afghane in un una società in cui l’universo maschile è completamente predominante. Le sue opere danno alle donne afghane un volto diverso, imbevuto di forza, ambizioni e volontà di raggiungere obiettivi.
Grazie anche a questi lavori la Scuola vuole “lasciare un segno” negli alunni e nelle alunne affinchè siano capaci di relazioni responsabili e mature e rendano le donne capaci di essere e di pensare, liberandole da stereotipi che per secoli le hanno relegate ai margini della vita sociale sini all’annullamento.
Prof.ssa Eleonora Mafrolla
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