“Com’è noto – si legge nella nota – , tra gli obiettivi di programma di questa Amministrazione comunale v’è quello di mettere in atto una forte strategia di contrasto all’evasione tributaria, nell’ottica di assicurare equità nel campo della fiscalità, non solo locale, in modo tale da percepirsi come misura di sostegno a tutti quei cittadini che, rispettosi della normativa tributaria, si conformano a canoni di “contribuente modello”, per nulla incline a coltivare ipotesi di evasione fiscale, di qualunque tipologia.
Si rimarca, preliminarmente – continua la nota -, che le considerazioni che seguono non sono da intendersi finalizzate a censurare il Vostro operato professionale, di indubbio valore, quanto piuttosto a rimarcare l’ineludibile necessità per questa P.A. di osservare quei canoni di trasparenza legale e procedurale nello svolgimento dell’attività di controllo, preventivo e successivo, sui procedimenti burocratici ad iniziativa dei cittadini che necessitano, assolutamente, di una fattiva collaborazione tra tutti gli attori in essi coinvolti.
In più precisi termini – evidenziano sindaco e dirigente -, la fattispecie che si porta alla Vostra attenzione concerne l’annosa questione della reale sussistenza della “residenza”, così come definita dall’art. 43 del codice civile (“la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”), in un determinato luogo.
In tale ambito, ed in ricorrenti occasioni, si è potuto constatare che la definizione giuridica di “residenza” non è ben compresa da chi, rivolgendosi agli Uffici comunali, ne chiede la sua variazione.
A titolo meramente esemplificativo – argomentano Nobiletti e Ruggieri -, nei casi di acquisto di unità immobiliari, spesso il cittadino è convinto che per avvalersi di eventuali benefici fiscali occorrerà eseguire un “semplice” cambio della residenza senza che questa sia poi suffragata da elementi di oggettivo riscontro, ovverosia senza la dimora abituale presso l’indirizzo dichiarato.
Tale intendimento configura, di poi e nei fatti, una falsa dichiarazione perché potrebbe comportare il riscontro di una divergenza, illecita, tra “residenza dichiarata” e “residenza effettiva”.
In altre occasioni si assiste ad evidenti forzature nelle quali si profilano “residenze disgiunte” da parte di coniugi o tra familiari conviventi richieste allo scopo di eludere/evadere Imu e Tari.
Le descritte dichiarazioni mendaci (perché tali sono), come emerse dagli accertamenti di rito eseguiti da questa Amministrazione, confermano il sussistere di dichiarazioni di “residenze fittizie” in spregio alle responsabilità di cui agli art. 76 del DPR 445/2000 e all’art. 483 del c.p., pure perpetrate con disinvoltura per gli “aggiramenti” fiscali, sopra ricordati.
Allo scopo, dunque – conclude la nota -, di scongiurare le pratiche distorsive di cui sopra ed evitare che gli Uffici comunali siano costretti a segnalare all’A.G. le ipotesi di reato dinanzi ricordate, si invitano le SS.LL., ognuna per i propri ambiti professionali, a rappresentare ai propri Assistiti, con la perizia del caso, la portata, concreta ed effettiva, della dichiarazione di residenza, invitandoli ad una stretta osservanza dell’art. 43 codice civile secondo il quale “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
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