Lettera in Redazione.
Dopo un anno dall’inizio della causa, 29 agosto 2022, veniamo convocati da un CTU di Foggia in data 05 settembre 2023, sottoponendo mio padre ad un viaggio estenuante di 200 km andata e ritorno, in condizioni di salute veramente cagionevoli.
Ad accoglierci una struttura in via Ponte Appiano a Foggia inadeguata: davanti a noi una rampa di scale per accedere ad un ascensore nel quale mai avremmo potuto mettere la sedia a rotelle con mio padre, studio del CTU primo piano. Dopo tante peripezie raggiungiamo il primo piano costringendo papà a sforzi disumani, utilizzando addirittura una sedia per spostarlo, “gentilmente” offertaci dal CTU e quando per l’ennesima volta facciamo notare il disagio della struttura per casi simili, veniamo aggrediti verbalmente e velatamente minacciati visto il ruolo ricoperto. Rientriamo a casa frustrati, umiliati e con la morte nel cuore. Mio padre è deceduto mercoledì 27 settembre 2023 e noi siamo ancora in attesa di ricevere una risposta.
Come famiglia abbiamo ritenuto di non denunciare per il momento il CTU per la struttura inadeguata in cui esercitava e siamo stati accolti, assurdo se si pensa che ogni esercizio privato oggi deve rispettare norme ben precise proprio per l’accoglienza di un disabile. Per la condotta morale forse un giorno darà conto a chi è più in alto di tutti, noi proviamo ad affidarci. Oggi vogliamo sollevare una denuncia affinché il nostro grido di dolore possa arrivare a chi qualcosa politicamente la può muovere: abbiamo trovato tanta omertà intorno. Abbiamo scritto al Presidente della Provincia, della Regione, al Direttore della Usl, al tribunale di Foggia, ad un Senatore, a vari segretari e sottosegretari affinché ci potessero dare una mano e accendere un faro su ciò che realmente è inaccettabile nel 2023, di tutta risposta, il nulla.
Allora io mi chiedo: chi dovrebbe occuparsi della tutela di una malato affinché per avere riconosciuto un diritto gli si possa evitare di raggiungere strutture TOTALMENTE INADEGUATE e con personale privo di umanità ed empatia, messo lì con il solo scopo di dare o non dare lasciapassare?
Chi dovrebbe occuparsi di cambiare questi iter burocratici e incresciosi a totale danno del malato e delle famiglie già duramente messe alla prova dalla malattia, umanamente ed economicamente?
Chi dovrebbe tutelare il cittadino sulla nomina e professionalità di una commissione messa lì a decidere se riconoscere o meno lo stato di salute del paziente: a volte ad un disabile gli si chiede semplicemente come si chiama senza comprendere che in quel caso il danno è fisico e non mentale.
Possibile che gente onesta e bisognosa, debba pagare lo scotto di tanti anni di incuria in cui si sono distribuiti soldi senza controlli appoggiando logiche clientelari e favoritismi vari?
Non dovrebbe forse la politica occuparsi ed intervenire per poter modificare delle leggi e snellire delle procedure in una società dove la tecnologia ha portato a fare interventi da remoto?
Con chi mi sono confrontata, mi si faceva notare che il disagio provato dalla mia famiglia è di pertinenza giudiziaria, ma forse bisognerebbe andare un po’ oltre e capire che ad un ricorso ci si arriva perché tutto il sistema oramai è malato, corrotto e lento, e chi non fa parte del popolo, ha difficoltà a comprendere e sicuramente non vive certi disagi.
Spero che questa volta qualcuno mi risponda ma soprattutto chi può cambiare e scardinare un certo tipo di sistema oramai collaudato ai danni del cittadino, possa realmente intervenire.
Spero che chi di competenza possa una volta per tutte venire incontro alle tante famiglie bisognose che oltre al dramma della malattia vivono la tragedia dei disservizi e le umiliazioni per ciò che dovrebbe essere un diritto.
Mio padre non ce lo restituirà più nessuno. Quanto il disagio vissuto per andare a Foggia sia stato responsabile della sua morte in soli 22 giorni, nessuno lo potrà dire con certezza, con certezza affermiamo che dal giorno 6 settembre mio padre si è allettato terminando i suoi giorni in una lunga e lenta agonia.
Nessuno di noi è immune dalla malattia e ciò che ha vissuto mio padre, è qualcosa che in tante famiglie è stato già vissuto e purtroppo accettato con grande stoicità”.
Come cittadina, io e la mia famiglia, siamo in attesa sempre di risposte da chi oggi le potrebbe dare e soprattutto si possa assumere l’impegno di poter regalare ai nostri figli una società migliore in cui i diritti della persona non vengano mai più lesi o addirittura calpestati.
Fiduciosamente aspettiamo.”
Maria Candelma
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