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GARGANO – Processo “Omnia Nostra”, ergastolo per il latitante Marco Raduano

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Diciannove condanne a pene comprese tra un anno e 8 mesi di reclusione all’ergastolo sono state inflitte oggi, dal gup di Bari Valeria Isabella Valenzi, agli imputati del processo «Omnia Nostra» – sulla mafia del Gargano – che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Gli altri imputati coinvolti nell’inchiesta che hanno scelto il rito ordinario sono invece sotto processo a Foggia.
Il carcere a vita è stato disposto per il boss Marco Raduano, già condannato in via definitiva a 19 anni e attualmente latitante per essere evaso dal carcere di Badu ‘e Carros (Nuoro) il 24 febbraio scorso. Condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione Francesco Notarangelo, 13 anni per Pietro Rignanese. La pena di 12 anni e 8 mesi è stata inflitta ad Antonio Zino, di 12 anni e 4 mesi per Antonio Quitadamo e di 12 anni per Lorenzo Caterino. Undici anni e 4 mesi di reclusione per Leonardo Ciuffreda e Giuseppe Della Malva, 11 anni al collaboratore di giustizia Danilo Pietro Della Malva e a Michele D’Ercole.
Le indagini, coordinate dalla Dda di Bari, nel dicembre 2021 portarono all’arresto di 32 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, tentato omicidio, estorsioni, detenzione di droga, rapina, e detenzione di armi. Nel blitz vennero decapitati due clan storici del Gargano, la batteria criminale dei Romito-Lombardi-Ricucci e il clan dei Raduano. Il nome dell’indagine, «Omnia Nostra», è nato dall’intercettazione in cui i sodali dell’organizzazione dicevano «qui è tutta roba nostra”: dal commercio del pesce alla fornitura di vaschette di polistirolo e ghiaccio a Manfredonia, fino alla imposizione di assunzioni; dalla occupazione delle terre dei pastori di Mattinata per orchestrare truffe all’Inps e all’Unione europea sui fondi destinati al pascolo, al tentativo di accaparrarsi marchi dop per prodotti agroalimentari, come il caciocavallo, in realtà senza requisiti. Nel blitz che portò all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare furono sequestrati beni per quasi 7 milioni di euro tra mobili, immobili e due società.
Il gup, oggi, ha anche disposto la confisca del 50% della società Primo Pesca e Ittica Sa Srl di Antonio La Selva (condannato a 4 anni e 8 mesi) e del 100% della Divine Whims srls di Antonio Zino, oltre che di auto, un appartamento e di denaro presente sui conti correnti di due imputati. Nel processo sono costituiti parte civile i Comuni foggiani di Manfredonia, Mattinata, Vieste, Monte Sant’Angelo, la Regione Puglia, la Camera di Commercio e la Federazione Antiracket.
(Fonte:La Gazzetta del Mezzogiorno)

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